Ogni appassionato di cinema horror prima o poi si ritrova a battagliare nelle discussioni a difesa della dignità dell’horror stesso, a gridare al mondo che La Cosa è un film d’autore E BASTA, a incazzarsi con chi considera i filmorri come prodotti di consumo per un pubblico di cazzoni occasionali, e alla fine si ritrova al cinema a vedere Annabel, poi da solo nella propria cameretta a consumare il proprio dramma d’amore e vergogna, perché in cuor proprio capisce le motivazioni del cazzone occasionale come del denigratore della domenica.
Il nerdismo dei filmorri è una droga malinconica e coinvolgente, che ti rimbalza speranzoso tra riviste specializzate, lists, Iemmedibbì e Uichipedia alla ricerca di qualcosa di nuovo e bello e importante o quantomeno divertente, nella speranza di riprovare la stessa cosa che si prova quando si scopre il primo Polanski, si abbraccia completamente la poetica di Carpenter o semplicemente si scovano perle come Kill List, The Loved Ones, Buio Omega, Wicker Man o Black Chrismas. È una ricerca solitaria che porta spesso consumare ore e fegato a guardare la peggio merda, perché chi frequenta i filmorri sa che i registi-garanzia essenzialmente non esistono e che qualsiasi spunto d’originalità o innovazione provoca tra gli appassionati, assetati di novità in un genere che tende a premere l’acceleratore sul già fatto & ben funzionante, un boato entusiasta che dipinge cose tipo A Serbian Film o Human Centipede come capolavori (sic).
Le mazzate più brutte che prendo personalmente mi arrivano dal cinema indie. Quando guardi un film firmato da un pesce grosso, quantomeno hai la soddisfazione da collezionista morboso di aver aggiunto un mattoncino al tuo rapporto col suddetto pesce. Se il film in questione mi fa cagare, almeno ho la consolazione di ripescare, anche solo mentalmente, i lavori più fighi del regista in questione, fare paragoni, e riassaporarli in virtù del fallimento cui ho appena assistito. Ad esempio, Scream 4 fa evidentemente schifo al cazzo, ma in realtà nel suo essere pretestuosamente autoironico sulla saga stessa, a sua volta ironica sullo slasher, il film fa in qualche modo meta-schifo. È ridicolo nel suo patetico tentativo di reinventare una saga morta e sepolta da dopo il primo film e mezzo, ma secondo me il meta-schifo è comunque a suo modo più intrigante del puro schifo, perché, per dirne una, mi fa ripensare a Scream, che alla fine è bello che esista.
Per quanto riguarda le grosse produzioni con registi esordienti, sono solitamente patrocinate da un pesce grosso e spesso pensate per un pubblico occasionale; non mi creano aspettative esagerate, e per questo le digerisco bene anche quando sono palesemente mal riuscite.
Il cinema indie, dicevo: lì non c’è solo il problema della scatola chiusa. Semplicemente, non riesco ad emanciparmi dall’idea che se tu sei un regista senza soldi e alle prime armi, allora sei mosso dal nobile intento di dire quello che hai dentro nel modo in cui lo vuoi dire tu, e quindi io mi aspetto delle cose da te, voglio vederci il cuore nei tuoi film, fammi vedere chi sei! Tanto è grande la soddisfazione di trovare una bomb’atomica quanto amara è la sconfitta nel caso in cui il film non valga niente. Lo smodato pompaggio in rete di alcuni filmorri, causato dall’inopportuno tamtam di gente che probabilmente condivide con me l’illusione che l’underground abbia qualcosa di speciale, ma con un’idea diversa dalla mia di “bomb’atomica”, porta spesso a sessioni di freestyle di bestemmie del sottoscritto davanti a dei titoli di coda. Il boccone è indigesto quando vedi una cosa come Dream Home o In the Market, film magari anche nobili d’intenti ma onestamente sbagliati.
In virtù di tutto ciò, il fatto che esista una cosa come il progetto ABCs of Death è pura manna per me. 26 cortometraggi di registi emergenti, un per ogni lettera dell’alfabeto e almeno un morto a corto. Gia’ sarei felice ad avere sottomano 26 nomi da tenere d’occhio nell’indie coi muortammazzati. Per dire, guardate quant’è indie già solo il pècaging.
Per me non si tratta di curiosare distrattamente nell’underground e farsi una risata o due. Questa antologia mi dà la stessa emozione di un bambino a Natale davanti a una piramide di regali, con tanto di possibilità di tastare e scuotere ciascuno dei pacchetti, e distinguere dunque se si tratti di un triste paio di guanti della zia ignota (corto orrendo da buttare nel dimenticatoio), di una busta con i cash per un paio di gelatoni (corto nientemale di gente che non ha fatto o non farà mai altro, o roba decente ma non promettente) o di una meravigliosa scatola dei Lego (corto d’oro che ti introduce a un regista d’oro). Per la legge dei grandi numeri, un film del genere in media non può che far cagare; non ha troppo senso aspettarsi capolavori da gente imberbe e con poco minutaggio, specie se manchi di ottimismo. Per quella che è invece erroneamente creduta essere la legge dei grandi numeri, almeno un paio di ficatone devono saltar fuori. E infatti, le perle ci sono in entrambe le antologie.
Lo scorso Natale, siccome sono stato un bimbo abbastanza bravo, ho ricevuto:
1. L is for Libido di Timo Tjahjanto, credo uno dei migliori cortometraggi che ho visto in vita mia, e che mi ha condotto a Gareth Evans e dunque a The Raid, che non è un filmorro ma è unanimemente considerato come un capolavoro indiscutibile dell’action contemporaneo, ed è una cosa che non è neanche il caso di star lì a spiegare, è così bello che quasi ho pianto.
2. T is for Toilet –> canale Youtube di Lee Hardcastle = senza alcun dubbio il miglior canale di Youtube –> uno dei trailer per cui sono più in fotta da un anno a questa parte. Cuoricino.
3. Los Cronocrimenes.
4. Una rivalutazione attenta di quel pirla/non pirla che è Jason Eisener.
Questo Natale devo essere stato particolarmente bravo a quanto pare, perché almeno una decina dei cortometraggi di ABCs of Death 2 sono stupefacenti. La tendenza al corto-barzelletta con colpo di scena coglionazzo finale che dominava la prima edizione è in netta diminuzione, in favore di corti wannabe consapevoli. Questo ha come fastidiosa conseguenza un clima conscious-politico-femminista con pretese da autoroni, ma ripeto: di carne saporita ce n’è, e sono felicissimo, perché ho rimpolpato il mio documentino in Word coi film che devo ricordarmi di guardare, e ho carburante e speranza per un po’. Evviva!
Preso da una furia massaia e autistica dell’ordine, suddivido i corti di questo secondo capitolo per categorie, a mio insindacabile giudizio. Segue legenda non troppo ricca di spoiler.
A Spiritoseria con killer. Il regista è quello di Cheap Thrills, che ho in lista da un po’.
B English slapstick.
C Trobonata insostenibile sulla giustizia con gore inutile.
D Non ci ho capito un cazzo ma mi pare unico.
E Misoginia da baretto.
F Trombonata ridicola con guerra e femminismo.
G Grasse risatone, ah ah ah.
H Sputazze d’amore e animazione.
I Frizzi&Lazzi d’oriente.
J Uhi Maronna, trombonata prolissa gay-friendly.
K Della serie intimismo e femmilità, perfetto. Di questa tizia guardo sicuramente qualcosa.
L Il WTF più grosso del mucchio, di svariate lunghezze. (Urendo, btw.)
M Risate ancor più grasse.
N Yawn.
O Citazionismo a tutto gas, ma piuttosto intelligente.
P Non ho capito se lo detesto o se lo adoro, ma è in qualche modo sbagliato.
Q Qui proprio una roba da movimento 5 stelle, trombe a tutto spiano.
R Brutto e stupido e ovvio e inutile.
S Esercizio di stile. Vince il premio “robba de classe”.
T TROM-BONE! ONE ONE ONE! Di queste due non guarderò mai più nulla.
U Mi secca doverlo dire, ma avevo delle aspettative, il regista è Mr The Cube. Cilecca.
V Capolavoro serio. Il found footage pare non sia ancora morto.
W Altro che aspettavo al varco, da Mr Manborg. Premio tenerezza.
X Bello, non c’è che dire. D’altra parte è fatto da quei due furboni, con quell’attrice per giunta.
Y I giappi sono i soliti giappi, ma qui c’è della poesia.
Z Boom. Si punta in altissimo, e ci si arriva. Sul mio radar, d’ora in poi.
Devo ringraziare con il cuore in mano tutto lo staff del Science+Fiction Festival a Trieste, grazie al quale ho potuto godermi il film e ritrovarmi qui a pontificare.